Collana
Siamo pronti.
Portiamo con noi quei libri sepolti nella sabbia.
Siamo pochi ma nella rotta del deserto incontriamo altri pochi.
Due giorni a sud, sempre più a sud per abbracciare, parlare, raccontare, fare festa e stare insieme agli altri tuareg in fuga dalla guerra, dal genocidio, dalla civiltà della rovina. Noi erranti attraversiamo il mondo rimasto. Veniamo da città di macerie che promuovono il progetto di morte delle colonie marziane. I nostri nomi li abbiamo da tempo lasciati ai dignitari dello sviluppo e della guerra e ai funzionari dell’umanità, cooptati per il governo della vita. Le nostre parole non sono per la sterile accademia che genera figli in provetta che inseminano intelligenze artificiali.
Il deserto è la nostra diserzione.
Abbiamo imparato dagli anacoreti, dai cinici, dalle prime comunità.
Da tempo siamo in fuga dalle istituzioni e nella fuga raccogliamo un’arma. Le nostre sono eros, comune, arti, pensiero, meditazione. Siamo stranieri e da stranieri nomadi ci i riuniamo nelle oasi. Fratelle, sorelli, trans e degeneri. Non ci si salva da soli. Al tramonto incontriamo altri mondi, canti, amore, gioco, preghiera, pensiero. Seguiamo le piste stagionali nell’unica terra segnata nella nostra memoria. Gli animali ci precedono e ci seguono quelli rimasti che ricordano le case e non sanno chi siamo. Ci accompagnano i suoni dei mari. Siamo qui per la notte stellata. Cibo e acqua per tutt*. Si accendono i fuochi. Forse è un altro inizio.